mercoledì 21 aprile 2010

Nuvole di cenere su sfondo monocromatico




Marco Cedolin
I vapori cenerini del vulcano Eyjafjallajokull, partiti dall’Islanda, hanno ormai conquistato quasi tutta l’Europa, mettendo impietosamente in evidenza l’estrema vulnerabilità di una società tecnologicamente evoluta, qualora costretta a confrontarsi con gli elementi di una natura troppo spesso sottovalutata.
La nube eruttata dal vulcano islandese sta andando beffardamente a spasso per migliaia di km (stando alle parole degli esperti dovrebbe aver raggiunto in queste ore l’Italia centrale), senza curarsi di distanze e confini, paralizzando di fatto larga parte del traffico aereo europeo. La concentrazione delle ceneri in atmosfera che secondo l’OMS non dovrebbe determinare gravi rischi per la salute umana, mette invece a repentaglio il buon funzionamento dei reattori dei jet, rendendone pericoloso e sconsigliabile l’uso.

Si apre così lo spaccato su un’umanità ormai votata all’ipercinetismo ed educata alla movimentazione schizofrenica di merci e persone. Un’umanità abituata (anche grazie all’imperversare dei voli low cost) a “bruciare” migliaia di km per una riunione di affari, per un weekend esclusivo, per una rimpatriata in famiglia. Figlia di quella globalizzazione che trova nell’aereo il principale asse portante.
“Mi divido fra Londra e New York”, “Vivo in California ma quasi tutti i miei affetti sono a Roma e ci torno ogni volta che posso”, “Vado a Parigi almeno una volta la settimana, perché è lì la sede della multinazionale in cui lavoro”, “Ho passato buona parte dell’ultimo anno in aereo, ma durante i voli riesco a recuperare tempo lavorando al pc”, “Questo weekend andiamo a Praga, tanto con l’aereo s’impiega meno tempo che per una gita fuori porta”.
Sono solo alcune delle frasi facenti parte di un lemmario fino a qualche tempo fa appannaggio dei vip, ma recentemente divenuto di uso comune, ad indicare la sempre più stretta dipendenza dell’uomo nei confronti dell’aereo, in una società dove le distanze vengono compresse a dismisura, senza curarsi minimamente delle conseguenze e dei costi ambientali ed economici derivanti da questo atteggiamento.
Famiglie allargate sull’asse di migliaia di km, ognuna delle quali consuma ogni anno risorse che basterebbero a sostenere centinaia di famiglie del terzo mondo per tutta la durata della loro esistenza. Riunioni di organismi politici e multinazionali che inquinano come un complesso industriale. Pacchetti vacanza che possono fare concorrenza ad un petrolchimico.

Un’umanità che trovatasi in questi giorni di fronte al blocco forzato dei voli, manifesta tutto il proprio disorientamento. Specchiandosi negli aeroporti semideserti trasformati in bivacchi, nelle stazioni ferroviarie prese d’assalto alla ricerca di un improbabile succedaneo, nel tentativo frustrato di continuare a vivere ad “alta velocità” in mancanza dell’unico mezzo che può consentire di farlo. E fra le pieghe del disorientamento spicca naturalmente l’imbarazzo dei vip, politici, attori e miliardari a la page costretti a disertare appuntamenti improcrastinabili o peggio ancora ad affrontare per forza di cose lunghi e “faticosi”viaggi in corriera in grado di riportarli alla meschina condizione degli altri esseri umani, come accaduto al cancelliere tedesco Angela Merkel di ritorno dagli Stati Uniti via Lisbona.

Ma oltre a far riflettere sul rapporto di dipendenza ormai instauratosi fra l’uomo e l’aereo e su quanto siano vulnerabili rispetto agli eventi naturali i fragili equilibri di una società iper tecnologica, la progressione della nube scaturita dal vulcano Eyjafjallajokull non può mancare di mettere in evidenza il fatto che la terra rappresenta un sistema aperto, dove ogni evento, sia esso di origine naturale o indotto dall’attività umana, ha ripercussioni all’interno dell’intera biosfera, anche a decine di migliaia di chilometri dal punto dove si è generato.

Se anziché trovarci di fronte ad una nube di ceneri e vapore indotta da un’eruzione vulcanica che potenzialmente potrebbe influire sul clima nei prossimi anni e le cui conseguenze vengono giudicate catastrofiche dalle compagnie aeree che già reclamano gli aiuti statali e lamentano la perdita di centinaia di milioni di dollari a causa della sospensione dei voli, ci trovassimo a fare i conti con un disastro di origine antropica, la situazione risulterebbe assai peggiore.

La “nube” radioattiva ingenerata dallo scoppio di una centrale nucleare o quella tossica determinata dall’esplosione di un complesso chimico, si comporterebbero infatti pressappoco allo stesso modo, con la differenza che si tratterebbe di miasmi letali per la popolazione ed il problema non sarebbe costituito dall’attesa negli aeroporti, bensì dalla sopravvivenza dei cittadini.
Troppo spesso la cieca fiducia nella tecnologia e l’insana smania di dominio sulla natura, propagandate dall’orientamento del pensiero, finiscono per farci dimenticare la nostra condizione di piccoli uomini che in realtà non dominano alcunché, ma rischiano di farsi male seriamente, come bambini che giocano con i cocci di una bottiglia.

lunedì 12 aprile 2010

Silenzio c'è la TV


Mario Zin
Fra tutte le varie vicissitudini di cui quotidianamente sono spettatore ce n’è una in particolare che da un lato mi fa sorridere, mentre dall’altro mi fa letteralmente accapponare la pelle. Si tratta del maniacale bisogno di stare in compagnia della tv, un gesto molto simile, secondo me, alla dipendenza da sostanze stupefacenti e che provoca pressappoco gli stessi effetti. Cioè la distorsione di tutto ciò che costituisce la nostra misera esistenza e l’alienazione dalle nostre reali esigenze, dai nostri reali bisogni, dai nostri diritti e dai nostri obblighi da assolvere.
Una volta tornati a casa dopo un’estenuante giornata di lavoro, uno dei primissimi gesti che compiamo meccanicamente è quello di accendere quel diabolico arnese che nel tempo ha ucciso il nostro senso critico e la nostra capacità di pensare. Nessun altro oggetto ha prodotto risultati cosi soddisfacenti per chi mirava ad indirizzare le masse a proprio piacimento.

Se analizziamo i comportamenti delle famiglie italiane nell’unico momento di aggregazione vedremo che alcuni comportamenti coincidono. A tavola, per esempio, se un componente della famiglia intendesse instaurare un minimo di dialogo, confrontarsi, misurare il proprio stato di felicità, esporre i propri dubbi, dar voce alle proprie incertezze e ai propri sogni, con suo sommo dispiacere si dovrebbe rassegnare perché il proprio interlocutore teledipendente con il nobile gesto di portarsi l’indice alla bocca farebbe cenno di non disturbare, poiché in quel preciso momento una notizia del mondo televisivo ne ha catturato l’attenzione.
Immaginiamo i bambini, ridono, parlano, si chiedono il perché delle cose. Per un genitore intento a guardare la tv rappresentano solo un enorme fastidio, un impiccio del quale sbarazzarsi al più presto, ma come? Facendo capire loro che la televisione offre notizie importanti, che bisogna fare attenzione, bisogna ridere solo quando la tv lo ordina e così via. Il bambino sarà allora indotto a provare sentimenti verso la tv anziché nei confronti dei genitori, trovando in essa un succedaneo della propria famiglia.

Non lamentiamoci se la società va così, non lamentiamoci se crescono ragazzi sempre più annoiati, apatici, sempre più insofferenti a tutto ciò che succede intorno a loro perché senza sforzarvi troppo scoprireste che non siete tanto poi diversi da loro.
Ogni giorno la TV partorisce nuovi quiz, giochi a premi, reality dove vediamo degli attori impegnati nelle situazioni più assurde, invece di essere noi a vivere in prima persona la nostra vita. Partite di calcio ad ogni ora, notiziari 24 ore al giorno che ci propinano menzogne colossali travestite da verità supreme, tutto questo intervallato da pubblicità che utilizzano metodologie degne di Edward Bernays, per orientare i nostri gusti, i nostri sogni, i nostri ideali ed i nostri sentimenti, senza che da parte nostra sorga mai il minimo dubbio sul fatto che si tratti realmente di ciò che desideriamo.
La televisione non deve mancare nelle nostre case (almeno una in ogni stanza) ed ovunque andiamo. In vacanza da anni le camere ne sono provviste, così come bar e ristoranti. Sono sicuro che tra non molto anche i becchini offriranno come opzione la possibilità di far installare nella bara una bella televisione da 10”, giusto per non far mancare niente al caro estinto, così teledipendente in vita come in morte.

Un tempo si diceva che il manganello aveva sostituito il dialogo, ora si può affermare che è la Tv a sostituirlo. Si vive in casa con perfetti sconosciuti. Incontrando un amico non si può far altro che parlare del telefilm o della partita vista la sera prima, non si ha più niente di personale da dirsi, forse perché la nostra vita reale è così diversa da quella che vorremmo, da far si che si preferisca soffermarsi sulle vite virtuali della TV e questo risulta tremendamente triste.
Spegnete la tv, la radio, chiudete i giornali, non andate in rete per un po’ e iniziate da subito a tornare uomini, senza somigliare a delle macchiette. Iniziate a pensare, perché pensare è un’azione imprevista, una delle poche cose che potrà salvare voi e i vostri figli.